Il declino del car sharing e l’ascesa del noleggio

Il car sharing è in declino: scopri dati aggiornati, cause del crollo, alternative in crescita e cosa scelgono oggi neopatentati e utenti urbani.

Il car sharing e la promessa mancata

Negli ultimi dieci anni, il car sharing è stato presentato come una rivoluzione urbana, un modello di mobilità sostenibile capace di ridurre il numero di auto private, l’inquinamento e i costi di trasporto. Prometteva un futuro dove possedere un’auto non sarebbe più servito, perché ogni veicolo sarebbe stato “a portata di app”, disponibile in pochi minuti, senza le incombenze di bollo, assicurazione o manutenzione.

In molte città europee, Italia compresa, il car sharing ha vissuto un’esplosione iniziale: Milano, Roma, Torino e Bologna hanno visto arrivare in pochi anni diversi operatori, dalle grandi case automobilistiche ai player tech. Gli utenti si sono moltiplicati rapidamente, attratti da prezzi competitivi, facilità d’uso e incentivi pubblici. Sembrava davvero l’inizio di un nuovo paradigma.

Tuttavia, nel 2024 e ancor più nel 2025, lo scenario è cambiato radicalmente. Molti servizi hanno cominciato a ridurre le flotte, limitare le aree operative o addirittura chiudere completamente. Dove prima c’erano decine di auto condivise disponibili, oggi spesso se ne trovano poche o nessuna.

La promessa iniziale si è scontrata con la dura realtà economica e logistica, mostrando tutti i limiti di un modello difficile da sostenere su larga scala. E mentre la domanda di mobilità urbana resta alta, il car sharing tradizionale sembra arrancare, lasciando spazio ad altre soluzioni.

La contrazione dell’offerta

Il car sharing non è sparito, ma si sta ritirando. E questo è evidente analizzando i numeri degli ultimi due anni: dal 2023 al 2025 si è registrata una diminuzione significativa dell’offerta di veicoli condivisi, in Italia come in altre grandi città europee.

Nel nostro paese, il caso più emblematico è Milano, che per anni è stata la capitale italiana della sharing mobility. Secondo i dati, la città ha perso una parte consistente della sua flotta: Zity, il servizio gestito da Renault, ha abbandonato il mercato; Enjoy ha ridotto la libertà di parcheggio, limitando la praticità del servizio; e ShareNow, dopo la fusione tra Daimler e BMW, ha concentrato gli sforzi in zone più profittevoli. Risultato: meno auto in circolazione, più difficoltà a trovare veicoli disponibili.

Anche a Roma la situazione è simile: meno operatori attivi e meno vetture disponibili, in particolare fuori dal centro storico. L’effetto collaterale è che gli utenti devono spesso rinunciare al servizio perché non trovano auto vicine, vanificando uno dei principali punti di forza del car sharing.

Lo stesso fenomeno si osserva in molte capitali europee. A Londra, Zipcar ha annunciato la chiusura delle operazioni nel Regno Unito entro la fine del 2025, mentre Parigi e Berlino vedono un consolidamento dei servizi, ma a scapito della capillarità e della varietà dell’offerta.

Il dato paradossale, però, è che la domanda di mobilità condivisa non è calata: secondo alcuni dati, nel 2025 si prevede un aumento del numero di noleggi rispetto all’anno precedente, segno che gli utenti ci sono e vorrebbero usare il servizio. Il problema è l’offerta: ci sono meno auto, meno operatori e una copertura territoriale più scarsa.

Il car sharing, quindi, non è in crisi per mancanza di utenti, ma per incapacità del sistema di reggere i costi e le complessità operative. Una dinamica che rischia di allontanare anche gli utilizzatori più convinti.

Le cause del declino del car sharing

Come anticipato, il car sharing non sta declinando per mancanza di interesse da parte degli utenti, ma per problemi strutturali del modello di business. Diverse sono le cause che, intrecciate tra loro, rendono difficile la sostenibilità economica di questi servizi, soprattutto nelle grandi città.

La prima e più importante riguarda i margini di guadagno estremamente bassi. Gestire una flotta di auto in condivisione comporta costi operativi molto elevati: manutenzione, pulizia, carburante o ricarica, assicurazione, logistica per il riposizionamento delle auto, gestione degli incidenti e dei furti. Tutto questo grava sulle aziende, che faticano a chiudere in positivo i bilanci, anche nei periodi di maggiore utilizzo.

A questi si aggiungono i costi e le complessità normative locali. Ogni città impone regole diverse su parcheggi, aree accessibili, limiti di circolazione e tasse locali. In molte realtà, ad esempio, il parcheggio gratuito per le auto in car sharing è stato ridotto o eliminato, rendendo il servizio meno competitivo rispetto a soluzioni come scooter, bici o monopattini condivisi.

Un altro elemento critico è la concorrenza interna al mondo della mobilità condivisa. I servizi di micro-mobilità — come monopattini elettrici e bici — si sono imposti come alternative più semplici, economiche e immediate per gli spostamenti brevi, che rappresentano la maggior parte delle esigenze urbane. Inoltre, le app MaaS (Mobility as a Service), che integrano diverse soluzioni di trasporto in un unico ecosistema, stanno cambiando il modo in cui gli utenti pensano agli spostamenti.

Infine, va sottolineato come la pandemia abbia accelerato una riflessione sull’utilità dell’auto condivisa. Durante il Covid, molti hanno preferito mezzi privati per evitare contatti, e da allora il ritorno alla normalità per il car sharing non è stato affatto garantito.

Il risultato? Un modello costoso da mantenere, logisticamente complesso, esposto a vincoli locali e alla concorrenza di alternative più leggere e dinamiche. Non sorprende quindi che molti operatori stiano facendo marcia indietro o rivedendo completamente le proprie strategie.

I casi emblematici: aziende che abbandonano

Il declino del car sharing è testimoniato in modo evidente dalle scelte drastiche di alcuni dei principali operatori del settore. Aziende che fino a pochi anni fa investivano milioni in flotte, tecnologie e marketing stanno oggi abbandonando il mercato o ridimensionando pesantemente i propri servizi.

Un esempio clamoroso è quello di Zity, il servizio di car sharing elettrico gestito da Renault in collaborazione con Ferrovial. Dopo aver operato in diverse città europee, tra cui Madrid, Parigi e Milano, nel 2024 Renault ha annunciato la chiusura delle operazioni, citando come motivazioni ufficiali la necessità di “razionalizzare le attività e concentrarsi su business più redditizi”. In realtà, secondo analisi di settore, i costi di gestione elevati e l’insostenibilità economica del modello hanno pesato enormemente sulla decisione.

Simile è il caso di Zipcar, uno dei pionieri del car sharing a livello mondiale. Dopo anni di presenza stabile nel Regno Unito, l’azienda ha comunicato la chiusura definitiva delle operazioni nel paese entro il 2025, lasciando scoperta una fetta importante di utenti, soprattutto a Londra. Le ragioni? Difficoltà a mantenere operativa una flotta capillare in un contesto urbano sempre più ostile e regolamentato.

In Italia, invece, si sta assistendo a un fenomeno più graduale ma altrettanto significativo. Enjoy, uno dei marchi più riconoscibili del settore, ha progressivamente ridotto la sua presenza attiva. In alcune città ha abbandonato del tutto il servizio (come Catania e Firenze), mentre a Milano ha introdotto limiti di parcheggio e ridotto la flotta, complicando l’esperienza per gli utenti abituali.

Non si tratta solo di “ritocchi” o ottimizzazioni. Questi abbandoni sono il sintomo di un fallimento sistemico: il modello free-floating, su cui si basava gran parte del car sharing urbano, non si è rivelato sostenibile.

Anche i grandi nomi, con capitali e infrastrutture importanti alle spalle, non sono riusciti a far quadrare i conti. E se loro faticano, per i player più piccoli è impossibile competere.

Cosa resta in piedi e le alternative in crescita

Nonostante il declino del car sharing tradizionale, la mobilità urbana condivisa non è affatto in crisi. Al contrario, alcune alternative stanno vivendo una fase di crescita significativa, intercettando in modo più efficace le esigenze degli utenti e rispondendo meglio alle sfide economiche e logistiche.

In testa troviamo la micro-mobilità, con monopattini elettrici, bici tradizionali ed e-bike che hanno conquistato le strade delle città. Questi mezzi, più leggeri e semplici da gestire, offrono un accesso immediato e conveniente per gli spostamenti brevi, che rappresentano la maggior parte della mobilità urbana. Rispetto al car sharing, richiedono meno spazio, meno manutenzione e sono più economici per gli operatori.

Anche i servizi integrati di trasporto (MaaS – Mobility as a Service) stanno cambiando il modo in cui le persone si muovono in città. Grazie a piattaforme unificate, è possibile combinare più modalità di trasporto in un unico abbonamento o pagamento, includendo mezzi pubblici, bike sharing, monopattini e, in alcuni casi, car sharing o noleggio auto. Questo approccio favorisce un uso più efficiente e personalizzato della mobilità, riducendo la dipendenza dal possesso dell’auto.

Le nuove generazioni, abituate all’uso di app e piattaforme digitali, sembrano orientarsi sempre più verso soluzioni flessibili e su misura. Non cercano solo un’auto, ma una mobilità completa, accessibile e integrata, che risponda rapidamente ai loro bisogni in contesti differenti.

Inoltre, in alcune città, gli operatori di sharing stanno riconvertendo i propri modelli di business, passando da flotte libere a formule ibride, con stazioni fisse, veicoli su prenotazione e servizi premium a pagamento. Questo consente una migliore pianificazione, riduzione dei costi e maggiore controllo sulle operazioni.

In sintesi, mentre il car sharing classico arranca, la mobilità condivisa evolve. Cambia forma, si adatta alle esigenze reali e apre la strada a modelli più sostenibili e tecnologicamente avanzati.

Noleggio a lungo termine: il vero vincitore?

Nel vuoto lasciato dal car sharing tradizionale, c’è un altro modello che sta guadagnando terreno in modo costante e silenzioso: il noleggio auto a lungo termine. Un tempo riservato quasi esclusivamente ad aziende e professionisti, oggi è sempre più scelto anche dai privati, soprattutto da chi cerca un’alternativa all’acquisto dell’auto.

La formula è semplice: una rata mensile fissa, che include assicurazione, manutenzione, assistenza stradale e talvolta anche bollo e pneumatici. In pratica, il cliente si limita a fare il pieno (o la ricarica) e guidare. È una soluzione “chiavi in mano”, prevedibile e senza sorprese, perfetta in un contesto dove l’incertezza economica spinge molti a evitare spese impreviste.

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Uno dei motivi principali del suo successo è la chiarezza nei costi e l’assenza di vincoli a lungo termine. Con durate che vanno da 12 a 48 mesi, è possibile cambiare veicolo con regolarità, senza dover affrontare la svalutazione tipica delle auto di proprietà.

A livello economico, il noleggio a lungo termine batte il car sharing sotto molti aspetti, soprattutto per chi usa spesso l’auto e ha bisogno di flessibilità. Se il car sharing può sembrare conveniente per spostamenti occasionali, i suoi costi possono crescere rapidamente in caso di utilizzo frequente. Con il noleggio, invece, si ha a disposizione un’auto personale sempre pronta all’uso, a fronte di una spesa mensile fissa e controllata.

Inoltre, i provider di noleggio stanno offrendo soluzioni sempre più personalizzabili, con ampia scelta di modelli, anche elettrici o ibridi, e servizi aggiuntivi on demand. Il tutto gestibile da app o portale, proprio come accadeva nel car sharing.

Per molti ex utenti del car sharing, il noleggio a lungo termine rappresenta oggi una scelta più stabile, trasparente e sicura. Una risposta concreta alla necessità di mobilità personale, senza le complicazioni dell’acquisto, ma anche senza i limiti della condivisione.

Neopatentati e mobilità: car sharing o altre soluzioni?

Per i neopatentati, accedere a soluzioni di mobilità moderna non è mai stato così complicato. Sebbene rappresentino una fetta crescente della popolazione automobilistica, molti servizi di car sharing limitano o escludono l’utilizzo ai neopatentati, rendendo l’ingresso nella mobilità condivisa più difficile proprio per chi ne avrebbe maggiore bisogno.

Le motivazioni sono principalmente assicurative: le polizze per guidatori con meno di un anno di patente sono più costose, e il rischio di incidenti è statisticamente più alto. Di conseguenza, gran parte delle piattaforme di car sharing impongono restrizioni: o escludono del tutto chi ha meno di 12 mesi di esperienza, oppure applicano sovrapprezzi o limitazioni d’uso.

Questo scenario spinge i neopatentati a cercare alternative. E tra queste, spiccano:

  • Il noleggio a lungo termine “entry level”, con offerte pensate proprio per i neopatentati (auto piccole, basse potenze, formule a canone ridotto).

  • L’acquisto di auto usate economiche, ancora molto diffuso per chi vuole autonomia e indipendenza subito dopo aver preso la patente.

  • L’utilizzo combinato di mezzi pubblici e micro-mobilità, come monopattini o bici elettriche, soprattutto nelle città universitarie o metropolitane.

Un altro elemento da considerare è che le nuove generazioni mostrano un interesse diverso verso il concetto di “possedere” un’auto. Molti neopatentati preferirebbero non acquistare un veicolo, ma usarne uno quando serve, a costo contenuto e senza burocrazia. Il car sharing sarebbe perfetto… se fosse davvero accessibile.

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In questo senso, l’esclusione dei neopatentati dal car sharing rappresenta un’occasione persa: un’intera fascia di utenti motivati, digitalizzati e pronti a pagare per la flessibilità viene lasciata ai margini.

Finché il settore non riuscirà a proporre soluzioni assicurative e operative che includano anche i più giovani, il car sharing continuerà a essere percepito come una mobilità incompleta.

Prospettive future: morte o trasformazione?

Il car sharing sta davvero morendo o si sta trasformando in qualcosa di diverso? La risposta più corretta è: entrambe. Il modello tradizionale, quello del free-floating urbano, con flotte ampie e parcheggio libero, sta progressivamente scomparendo, perché non economicamente sostenibile. Ma allo stesso tempo, non sta svanendo il bisogno di una mobilità flessibile, condivisa e accessibile.

Molti esperti di mobilità concordano sul fatto che il futuro non è la fine del car sharing, ma la sua evoluzione. I prossimi anni potrebbero portare:

  • una riconfigurazione verso modelli più controllabili, con auto in stazioni fisse o parcheggi dedicati;

  • integrazione con piattaforme MaaS, dove l’auto condivisa è solo una delle opzioni in un ecosistema multimodale;

  • servizi di sharing aziendale o condominiale, cioè condivisi tra gruppi di utenti definiti e localizzati;

  • flotte elettriche con prenotazioni a tempo più lungo, che avvicinano il car sharing al noleggio tradizionale.

La tecnologia continuerà a giocare un ruolo cruciale. Le app sempre più intelligenti, le soluzioni di pagamento integrate, i sistemi di prenotazione predittiva e la geolocalizzazione avanzata potranno rendere il servizio più efficiente e appetibile.

Nel frattempo, però, il mercato sta facendo una selezione naturale: sopravvivranno solo gli operatori che riusciranno a integrare il car sharing in un’offerta più ampia, flessibile e sostenibile. Non più “solo un’auto in strada”, ma una mobilità intelligente, modulare e connessa.

Per utenti e istituzioni, la sfida sarà quella di non rinunciare ai benefici della condivisione, pur accettando che il modello degli anni 2010 non tornerà più come prima. Il futuro sarà meno romantico, ma forse più efficiente, integrato e resiliente.

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